La guardia alzò la testa, e i suoi occhi s'incrociarono con quelli d'Oreste, che, preso il suo
coraggio a due mani, diceva con aria indifferente al vecchio sconosciuto : — non siete del paese ?
Che momento fu quello! Il sor Oreste, quando se lo ricorda, trema ancora.
— Eppure — replicò l'interpellato — mi son toscano!
— Toscano, toscano;... all'accento non parrebbe...
— Eh, signor mio, se sapeste quanto ho viaggiato! Non lo so neppur me che lingua parlo, perché le
parlo, se poi dir, tutte.
— E di molto, dunque, che mancate di Toscana?
— Lo lascio immaginare a voi!
Si chetò, e bevve un sorso di gassosa. Ora il proprietario del caffeuccio, gli avventori, là
guardia, il sor Oreste non discorrevano più che con gli occhi! Era un incrociarsi continuo di sguardi
espressivi in un'atmosfera satura d'ansia addirittura ineffabile.
Il sor Oreste raccolse tutte le proprie idee, scosse la cenere del, sigaro, seguitò
coraggiosamente.
— Deve fare effetto rivedere, dopo tanto, i propri posti, i posti dove uno ha abitato, dove uno, per
esempio, è nato...
Lo sconosciuto, con la testa chinata sul petto, non rispondeva; e tutti tacquero, rispettando
quel raccoglimento doloroso; ma non così il sor Oreste, che pavoneggiandosi, deciso a veder la fine
della faccenda, seguitava: — Eppure, vedete, non abbiatevene a male, ma voi non mi siete viso
nuovo!
Il vecchio alzò il capò, lo riabbassò ; la guardia si torceva i mustacchi grigi, dando nel gomito
al sor Oreste ; tutti i cuori battevano col medesimo ritmo.
— Non mi siete viso nuovo, proprio; e me, vi pare d'avermi visto mai?
La botta era andata! La guardia, dalla passione, non potè più stare a sedere; si levò su; si
appuntellò coi pugni al tavolino, curvo sul nuovo venuto; e, dietro, tutti quelli altri, accatastati, che
pareva lo volessero soffocare.
— Francamente, — rispose il forestiero, — a me pare che ci siamo incontrati, ma chi lo sa quanto
tempo fa; forse ... si era giovinetti tutti e due...
Il sor Oreste,- che non ne poteva più, si decise, e:
— Ditemi la verità! A me lo potete dire... sono Oreste. Venite dalla Russia?
L'interpellato guardò in faccia il sor Oreste, e, dopo una lunga pausa, disse con molta
semplicità : — Ebbene ? se venissi dalla Russia? cosa ci sarebbe di straordinario?
—Viene dalla Russia!—esclamarono tutti, urlando come belve ferite—viene dalla Russia!!!
— Ma allora voi...
— Dite! raccontate!
—Voi,— gridò Oreste, dominando il tumulto con la sua voce stentorea — se venite dalla Russia,
dovete averci conosciuto un certo Antonio Frattigiani! Pensateci bene! Avrà, ora, l'età vostra, press'a
poco; è toscano come voi, e anche — e calcolò bene le parole — vi somiglia molto !
Il vecchio era visibilmente commosso; bevve ancora, poi accennò di sì, finalmente sciolse la
lingua: — Se l'ho conosciuto? Ma siamo amici —... come fratelli!
— Allora vi avrà parlato di noi? di suo fratello Aurelio, ve ne parlava mai? e di quell' altro,
d'Agenore? Ha preso moglie, sapete? La Gina morì, invece ; morì subito dopo che fu partito ; son
vent'anni che Aurelio è vedovo. E di me se n'è ricordato mai? d'Orestino! Si giocava a palla insieme!
E di Cecco, qui, la nostra guardia, e del Sennini, e di Pilletta? Ma cosa n'è stato? quando tornerà? Voi
lo dovete sapere, voi lo sapete...
Il vecchio, con la testa appoggiata al muro, cogli occhi semichiusi, ripeteva, come
macchinalmente, fra sé: "Agenore, Aurelio, la Gina, Cecco...Orestino, Orestino!" E i singhiozzi gli
sollevavano il petto.
Orestino! — e alzò la testa, e apri gli occhi — Orestino, ma non mi riconosci più, dunque ?
E si levò in piedi teatralmente, le braccia aperte, gli occhi lucenti di pianto, la barba che gli
tremava.
— Son io; sono Antonio! Qui sul mio petto!
S'abbracciarono di sopra al tavolino, rovesciando la bottiglia della gassosa. Si sentiva, fra i
singulti, Oreste ripetere : "l'avevo detto io? l'avevo detto io!?" Il caffettiere si asciugava gli occhi col